Pazienti cronici insoddisfatti del dialogo con il medico

4 ottobre 2023 – Insoddisfatti del dialogo con lo specialista, in un contesto dove tra troppi tecnicismi e burocrazia manca la “centralità” del malato. È così che si sentono le persone con malattie croniche, in prevalenza infiammatorie o malattie genetiche rare, e i loro caregiver, secondo un’indagine condotta da Helaglobe in collaborazione con diverse associazioni di pazienti aderenti al progetto ‘Insieme per’. L’indagine, che ha raccolto 414 narrazioni, rivela un percepito insoddisfacente della relazione con il medico, in particolare lo specialista, nel momento della prima comunicazione (la diagnosi) della malattia e nei successivi anni di terapia che si prolunga, in media, per poco meno di una decina d’anni. Circa un terzo dei pazienti ha una proiezione positiva sulla propria malattia, il restante si ‘cronicizza’ invece in modo pessimista sulla propria condizione. Complice anche le modalità di comunicazione del medico, spesso scarsamente empatico, motivante, coinvolgente. Il dialogo, più incentrato sulla cura della malattia, quali ad esempio i controlli da effettuarsi nel tempo o gli aspetti più burocratici della stessa, trascura invece parole e aspetti del lato umano della malattia, legati alla cura della persona, al suo coinvolgimento motivazionale a fronteggiare e gestire la propria condizione clinica. Questi i temi al centro del Seminario Istituzionale ‘Dall’ascolto al dialogo: la relazione medico-paziente’, che si è svolto ieri al Senato. Dall’indagine, che vuole promuovere un cambiamento orientato sulla centralità della persona, emerge che oltre il 60% dei pazienti parla della propria malattia non come mera alterazione della struttura e della funzionalità degli organi, bensì come esperienza che impatta sulla qualità della vita in termini di relazioni, cambio di abitudini, emozioni. Solo la minoranza, all’incirca un terzo mostra una relazione positiva con la propria patologia. “La comunicazione, ad esempio in oncologia, è una questione complessa – conclude Giordano Beretta, presidente Fondazione Aiom -. Soprattutto oggi, in tempi di terapie innovative, è fondamentale costruire una solida relazione tra medici e pazienti, contraddistinta da lealtà e fiducia”.
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