Andrologi: “Rischio di perdita irreversibile della fertilità maschile”

5 maggio 2023 – Il rischio che la perdita di fertilità maschile diventi un problema irreversibile per la specie umana è reale. E’ questo l’allarme lanciato dalla Società Italiana di Andrologia (Sia), secondo cui nel 2070 potrebbe crollare la possibilità per gli uomini di generare figli, se non verranno cambiati gli stili di vita e le condizioni ambientali. Dovranno inoltre mutare anche i comportamenti logicamente legati a un calo dei tassi di fertilità come l’astinenza sessuale, sempre più diffusa tra i giovani, e l’aumento dell’età di concepimento. Proprio all’Italia spetta il primato del Paese europeo dove il primo figlio si fa più tardi: in media 35 anni per le donne e 40 per gli uomini. Il problema non riguarda solo i Paesi più sviluppati, ma in misura crescente anche il Sud del mondo. “In appena 40 anni – dichiara Alessandro Palmieri, presidente Sia e Professore Associato di Urologia all’Università Federico II di Napoli – gli uomini occidentali hanno visto calare del 52,4% la concentrazione degli spermatozoi. Una tendenza che vive una discesa inarrestabile ancora più preoccupante per il ripido declino fra il 2000 e il 2018, attestato dalla metanalisi pubblicata a novembre scorso su “Human Reproduction Update. Se infatti dal 1973 al 2000 il calo di concentrazione spermatica è stato dell’1,6% ogni anno, dal 2000 al 2018 la riduzione ha segnato più del doppio, pari al 2,64% per anno – sottolinea Palmieri -. Se il trend continuerà e non verrà arrestato, entro il 2070 si perderà oltre il 40% della fertilità maschile con serissimi pericoli per la procreazione nei Paesi Occidentali, se non cambieremo l’ambiente che ci circonda, le sostanze chimiche a cui siamo esposti e il nostro stile di vita”. Emblematico è il caso dell’Italia dove nel 2022 sono nati poco più di 392.000 bambini. “Se si fanno meno figli la colpa è senz’altro del disagio economico e sociale, ma sul banco degli imputati c’è soprattutto la fertilità maschile. L’obesità, la sedentarietà, l’abitudine al fumo e la diffusione delle malattie sessualmente trasmesse, sono infatti tra le principali cause indiziate di aver determinato il calo degli spermatozoi, a cui vanno aggiunti i cambiamenti climatici e l’inquinamento ambientale”, sottolinea Palmieri.
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