Cistiti

E’ di gran lunga la più comune infezione della vescica e interessa soprattutto le donne. Colpisce fino al 50% delle donne italiane almeno una volta nel corso di un anno e il 25% di queste è soggetta al manifestarsi di almeno un altro episodio di cistite entro i sei mesi successivi. Una donna su cinque sviluppa invece una forma ricorrente con più di tre episodi l’anno.

La cistite non è una patologia grave ma se non viene trattata in modo adeguato può trasformarsi in un disturbo ricorrente e generare problemi di salute che si protraggono per diversi anni. E’ causata nella grande maggioranza dei casi da alcuni batteri come Escherichia coli (80%), Stafilococcus epidermidis (9%) e Streptococcus fecalis (1-3%). Fra gli altri patogeni si ricordano Proteus, Klebsiella, Enterobacter, Serratia, Pseudomonas, Enterococcus. Numerose possono essere le cause: uso di tamponi vaginali durante il ciclo, detergenti intimi troppo aggressivi, un’alimentazione squilibrata, i rapporti sessuali, la scarsa igiene intima, l’utilizzo eccessivo di antimicrobici (che alterano l’equilibrio della flora batterica vaginale). L’estate risulta il periodo più difficile da affrontare per una paziente, nonché il momento in cui viene registrato un incremento dell’incidenza della patologia. L’umidità e il caldo tipici di questa stagione, insieme alla conseguente disidratazione delle urine, rappresentano un importante fattore di rischio per la proliferazione di microrganismi patogeni.

Il sintomo principale è la stranguria che consiste nel bruciore durante la minzione. La donna sente un bisogno molto frequente di urinare accompagnato da bruciore, dolore, un senso di peso perineale e di svuotamento incompleto. Spesso viene riscontrata anche la presenza di sangue nelle urine. La diagnosi avviene attraverso una valutazione clinica con eventuale urinocoltura con antibiogramma e un esame approfondito delle urine, grazie al quale è possibile trovare un incremento del numero di globuli bianchi, l’eventuale presenza di sangue nelle urine, nitriti e un aumento del pH. L’urinocoltura inoltre riesce ad isolare ed individuare il tipo di batterio responsabile dell’infezione.
In alcuni casi è indicata una valutazione specialistica da parte dell’urologo.

La terapia della fase acuta della patologia consiste nella somministrazione di antibiotici che mirano ad eliminare la crescita batterica nelle urine. Gli effetti positivi del trattamento si manifestano solitamente entro un paio di giorni e non sono privi di effetti collaterali. Inoltre va segnalato l’antibiotico resistenza che sta diventando una vera e propria emergenza sanitaria a livello mondiale. Nel tentativo di contrastare questa emergenza, sempre più sono utilizzati gli integratori alimentari contenenti il D-mannosio da utilizzarsi ad alto dosaggio da solo o in combinazione con altre sostanze. Tra questi un prodotto ad alto dosaggio di D-mannosio in combinazione con estratto secco di salice e lattobacilli. Queste sostanze hanno dimostrato di poter svolgere un’attività antinfettiva ed inibire i batteri alla base dell’insorgenza della patologia. L’utilizzo di D-mannosio è stato recentemente introdotto nelle raccomandazioni delle Linee Guida della Società Europea di Urologia.

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