Anno III – Numero 24 – Aprile 2023  
Comitato scientifico editoriale: Vincenzo Mirone, Giuseppe Procopio, Corrado Franzese
Editore: Intermedia – Direttore Responsabile: Mauro Boldrini – intermedia@intermedianews.it

Benessere Urologico è una newsletter a cadenza mensile sui temi della salute urologica, maschile e femminile. Uno strumento utile per essere sempre informati sugli ultimi aggiornamenti, in ambito clinico e scientifico.

NEWS

DISTURBI URINARI MASCHILI: IL 50% DEI CASI “GIOVANILI” NON VIENE SCOPERTO
E’ quanto emerso da un simposio che si è tenuto presso il meeting EAU di Milano


I LUTS (Lower Urinary Tract Symptoms) sono una malattia urologica molto frequente e non interessa solo gli uomini anziani. Colpiscono in maniera, più o meno, grave circa il 40% dei 40enni residenti nel nostro Paese. Ma i pazienti più “giovani” realmente assistiti e curati da un urologo sono pochi. Esiste, infatti, una grossa mole di casi “sommersi” prima dei 60 anni che può ammontare fino al 50%. E’ quanto emerso dal simposio Unveiling Prostatic Inflammation To Optimize Luts Management organizzato da Pierre Fabre Pharma in occasione del Congresso della Società Europea di Urologia (EAU), che si è svolto lo scorso 12 marzo a Milano. All’evento hanno partecipato anche il prof. Stavros Gravas (Department of Urology, Medical School, University of Cyprus, Nicosia, Cyprus ed attuale segretario della Societé Internationale D’Urologie).
“I LUTS rappresentano un disturbo delle basse vie urinarie che può far scadere la qualità di vita ed impattare anche sulla sfera sessuale – ha sostenuto il prof. Mauro Gacci, Docente dell’Università degli Studi di Firenze presso il centro di Chirurgia urologica mini-invasiva, robotica e dei trapianti renali, Azienda Ospedaliera Universitaria “Careggi” -. La prevalenza del disturbo cresce con l’avanzare dell’età e può interessare oltre il 70% degli over 70. Si contraddistinguono da alcuni sintomi ostruttivi ed irritativi e chi ne soffre ha serie difficoltà ad urinare o è obbligato a svegliarsi più volte di notte per andare in bagno. Dipendono per oltre 80% da problemi della prostata in quanto la ghiandola può essere ingrossata, infiammarsi o presentare una particolare morfologia. In particolare l’infiammazione della prostata può guidare lo sviluppo e la progressione dell’ipertrofia prostatica benigna, una delle malattie croniche più frequenti nella terza età. La presenza di un’infiammazione prostatica persistente ha un impatto sulla gestione sia dei LUTS che dell’ipertrofia prostatica. Noi specialisti siamo troppo spesso costretti ad intervenire tardi e cioè solo quando la sintomatologia è diventata ormai troppo evidente e fastidiosa per il paziente. Si rende perciò necessario un trattamento più invasivo mentre dovremmo poter gestire la malattia in uno stadio il più possibile precoce”.
“Oggi sono disponibili diverse tipologie di cure – ha spiegato il prof. Cosimo De Nunzio (Docente di Urologia e Dirigente Medico presso il reparto di Urologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Sant’Andrea” di Roma) -. Quando i sintomi sono molto impattanti nella vita quotidiana si può ricorrere al trattamento medico che rappresenta di solito il primo step. Esistono poi delle nuove tecniche chiamate mini-invasive che sono una sorta di “terza via” tra le cure mediche e gli interventi chirurgici. Quest’ultimi invece si avvalgono di tecnologie innovative come i laser o la chirurgia robotica oltre che alle tecniche tradizionali di resezione. I LUTS sono influenzati da diversi fattori e questo rende anche diverse le esigenze dei malati. La pletora di terapie disponibili rende poi indispensabile una selezione ottimale, da parte dello specialista, della cura. Deve riuscire a personalizzarla tenendo conto del profilo clinico del paziente, delle sue preferenze nonché dello stato d’infiammazione prostatica”.
“Tra i vari farmaci introdotti negli ultimi anni vi è anche l’estratto esanico di Serenoa repens – ha proseguito Gacci -. E’ una delle poche terapie mediche in grado di migliorare la sintomatologia senza avere alcun impatto sulla sfera sessuale. Diverse evidenze scientifiche hanno dimostrato che è efficace contro i LUTS e soprattutto non compromette in alcun modo la libido, la capacità erettiva e non interferisce con l’eiaculazione. Sono tre problemi che solitamente possono insorgere nell’uomo colpito da LUTS”. “Fondamentale è anche intervenire sugli stili di vita che possono favorire la malattia – ha concluso De Nunzio -. Il sovrappeso gioca un ruolo nefasto così come la sindrome metabolica e tutti i fattori che la influenzano come iperglicemia, ipercolesterolemia o ipertensione. Intervenire sulla sindrome può ridurre il livello di infiammazione prostatica. Seguire una dieta sana ed equilibrata è quindi la prima regola di prevenzione mentre la seconda è praticare sempre un po’ di attività fisica. Un altro consiglio che diamo a tutti gli uomini è quello di recarsi regolarmente dall’urologo per una visita di controllo. I LUTS sono maggiormente sotto diagnosticati tra i maschi perché le donne sono più indotte ad andare dallo specialista ginecologo”.

 

SPECIALISTA UROLOGO UOMO O DONNA? LA SCELTA DIPENDE ANCHE DAL DOLORE
Presentato all’EAU di Milano uno studio condotto su oltre 1.000 pazienti


L’urologia tratta alcune delle patologie più intime, eppure secondo i risultati di una nuova ricerca, i pazienti non sempre preferiscono essere curati da un urologo del loro stesso sesso. In alcuni casi preferiscono uno specialista maschio, ma in altri casi (in presenza, per esempio, di dolore) sia gli uomini che le donne preferiscono essere visitati da una donna. Lo studio, dei ricercatori dello University Hospital Munich, è stato presentato al Congresso della European Association of Urology (EAU) di Milano.
E’ stato condotto un sondaggio su oltre 1.000 pazienti e circa un terzo di loro ha espresso preferenze relativamente al genere del medico urologo. Il ricercatore principale dott. Alexander Tamalunas, dello University Hospital Munich, afferma: “La ricerca precedente – tra cui un sondaggio condotto alcuni anni fa – ha trovato che solo un terzo dei pazienti esprime una preferenza sull’urologo uomo o donna. Ma i risultati si basavano su una sola domanda sull’argomento. “Il nostro recente studio è più articolato e cerca di capire se i pazienti attribuiscono abilità diverse a determinati generi o quale sarebbe la loro scelta a seconda dei propri sintomi o in determinate situazioni. Questo porta a un numero molto più elevato di persone che esprimono una preferenza.”
Lo studio ha esaminato i questionari di 1.012 pazienti che hanno avuto accesso all’ospedale del 2021, circa tre quarti di loro erano uomini e quasi un quarto donne. Tre pazienti erano non binari – un numero insufficiente perché i ricercatori potessero ottenere conclusioni statisticamente significative sulle preferenze di questo gruppo. La coorte comprendeva pazienti di tutte le età – anche se la maggioranza aveva più di 60 anni – di tutte le estrazioni scolastiche ed economiche. Ai pazienti in cura per varie patologie è stato chiesto l’impatto di queste sulla loro vita e quale urologo – uomo o donna – ritenevano li potesse capire meglio. Complessivamente due terzi dei pazienti hanno espresso la preferenza per un urologo di un genere almeno in uno scenario – il doppio rispetto alla ricerca precedente. In generale, nel caso in cui abbiano espresso una preferenza, è stato per un urologo del loro genere. Tuttavia in alcuni casi particolari ciò non è vero.
Sia gli uomini che le donne preferivano essere visitati da un uomo quando le loro condizioni erano: imbarazzanti; limitavano le loro attività quotidiane; o causavano loro preoccupazioni o disagi. Tuttavia, sia i pazienti di sesso maschile che quelli di sesso femminile affetti da qualsiasi patologia con sintomi dolorosi avevano maggiori probabilità di scegliere un urologo donna.
Per le visite e la chirurgia, circa un terzo dei pazienti ha espresso la preferenza per un genere in particolare. Tra loro la proporzione era circa 60:40 a favore di un urologo maschio per le consultazioni, ma è diventata 80:20 per le operazioni. Gli uomini erano più propensi a ritenere che gli urologi maschi avessero più abilità pratiche rispetto alle donne, mentre le donne erano più propense a pensare che un urologo donna fosse più empatico. Sia gli uomini che le donne hanno affermato che gli urologi del loro stesso sesso capirebbero meglio il loro corpo e sarebbe più facile parlare con loro della loro condizione.

 

MALATTIA RENALE CRONICA: NEL MONDO COLPITE OLTRE 850 MILIONI DI PERSONE

Lo scorso 9 marzo si è tenuta la Giornata Mondiale del Rene


“Prepariamoci per l’inaspettato e sosteniamo i più vulnerabili”. E’ stato questo il tema della Giornata Mondiale del Rene che si è celebrata lo scorso 9 marzo. Quello auspicato dall’evento internazionale è un enorme ombrello di protezione da aprire sulle 850 milioni di persone nel mondo, interessate dalla malattia renale cronica, il doppio di quelle con diabete e dieci volte tanto quelle che vivono con un tumore. Tra i 5 e i 10 milioni di queste persone avrebbero bisogno di accedere a una terapia sostitutiva della funzione renale (dialisi o trapianto). Si tratta però di un “privilegio” concesso purtroppo solo a 2,5 milioni di loro.
“Le malattie renali – ha commentato Giuseppe Grandaliano, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Nefrologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs – interessano un numero davvero importante di persone, che richiedono grande attenzione anche per la diagnosi precoce. In Italia abbiamo 50mila persone in terapia renale sostitutiva con emodialisi e dialisi peritoneale e 25.000 con trapianto di rene. Ma dobbiamo e possiamo fare di più. Il tema di quest’anno ci riporta a questa terribile stagione di pandemia, guerre, terremoti, catastrofi climatiche naturali, cercando di attirare l’attenzione sui pazienti con malattia renale che si trovino ad affrontare queste emergenze. Soprattutto quelli in terapia renale sostitutiva rappresentano una grande sfida organizzativa e sono particolarmente vulnerabili durante queste emergenze”.
“Insomma – ha aggiunto Grandaliano – oltre ai piani pandemici, è necessario mettere a terra dei ‘piani dialisi’, in caso di catastrofi causate dall’uomo o dalla natura. Oltre alla dialisi naturalmente durante l’emergenza si possono bloccare gli ingranaggi dei trapianti e il rifornimento dei farmaci immunosoppressori. Ecco perché è necessario accendere i riflettori su questi argomenti per sensibilizzare governi e policy maker affinché pianifichino anche per gli ultimi, per i vulnerabili, i fragili, tra i quali rientrano a buon diritto i pazienti in terapia sostitutiva renale, in caso di emergenza.

 

TUMORE PROSTATA: DALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE LA NUOVA VIA PER SCEGLIERE LE CURE

Solo nel 2022 in Italia vi sono state 40.500 nuove diagnosi (+16% in cinque anni)


In Italia si registra una forte crescita del tumore della prostata, la più frequente forma di cancro maschile nei Paesi Occidentali. Nel 2022 i nuovi casi l’anno sono stati 40.500 mentre erano 34.800 nel 2017. Un aumento del 16% in soli cinque anni che preoccupa gli specialisti dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) che nelle scorse settimane si sono a Bari per il Convegno Nazionale “News in GU Oncology” dedicato alle neoplasie genito-urinarie. “Diverse possono essere le cause di questo vero e proprio boom d’incidenza – ha sottolineato il prof. Saverio Cinieri, Presidente Nazionale AIOM -. Le cause sono molteplici e contribuisce il continuo invecchiamento generale della popolazione. Infatti le proiezioni, elaborate dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, confermano che i casi continueranno ad aumentare fino almeno al 2040. Ci sono poi le conseguenze nefaste del Covid che, proprio in questi giorni di ormai tre anni fa, ha bloccato il normale funzionamento della nostra sanità. Quindi le visite specialistiche, gli esami diagnostici e altri controlli medici sono stati rinviati per molti mesi. Oltre la prevenzione secondaria è stata in parte compromessa anche quella primaria visto il peggioramento degli stili di vita degli italiani costretti ai lockdown. Tutto questo ha portato a un incremento dell’impatto del tumore urologico, in linea con quanto avvenuto per molte altre patologie”.

All’evento di Bari sono state presentate le ultime novità medico-scientifiche emerse dall’ASCO Genitourinary Cancer (GU) Symposium. Il meeting si è svolto nelle scorse settimane a San Francisco e ha visto la partecipazione dei più importanti specialisti mondiali di uro-oncologia. Dagli Stati Uniti arrivano nuove ed interessanti conferme sull’intelligenza artificiale multimodale e sono stati presentati i dati di uno studio pubblicato di recente sul Journal of Clinical Oncology. “Queste nuove tecnologie sono utilizzate per sviluppare nuovi biomarcatori – ha aggiunto Camillo Porta, professore ordinario di Oncologia Medica all’Università Aldo Moro di Bari e Direttore della Divisione di Oncologia Medica del Policlinico di Bari -. Attingendo sia ai dati clinici che all’imaging istopatologico digitale si ottengono informazioni prognostiche più dettagliate e anche una serie di parametri predittivi sulle possibili risposte ad alcuni trattamenti. In altre parole possiamo favorire la medicina oncologica personalizzata e prevedere se alcune terapie mirate sono efficaci, o meno, sul singolo caso. Quello americano è uno studio di fattibilità, un trial randomizzato di fase 3 cha coinvolto oltre 1.000 uomini con carcinoma prostatico localizzato ad alto rischio. I primi dati emersi sono molto interessanti ma andranno confermati coinvolgendo altri gruppi di pazienti. I biomarcatori, creati grazie all’intelligenza artificiale, non sono però ancora utilizzabili nella pratica clinica quotidiana sia in Europa che negli Stati Uniti. Rappresentano comunque una prospettiva futura dalle grandi potenzialità e la ricerca deve proseguire”. “Il ricorso all’intelligenza artificiale è emblematico dell’importanza dell’innovazione in oncologia – prosegue il prof. Cinieri -. Teoricamente entro pochi anni potremmo essere in grado di identificare le migliori terapie tra tutte quelle disponibili”. “Si registrano importanti cambiamenti sul fronte della lotta al tumore della prostata – ha sottolineato il prof. Marcello Tucci, Direttore dell’Oncologia dell’Ospedale Cardinal Massaia di Asti -. Le evidenze scientifiche presentate al congresso ASCO GU aprono novità interessanti sull’utilizzo di terapie ormonali sia per la malattia ormono-sensibile che per quella resistente alla castrazione. Stiamo “raffinando” le cure utilizzabili sempre in un’ottica di una maggiore personalizzazione dei trattamenti. E’ una tendenza che è in corso da almeno vent’anni e che ci ha consentito di arrivare ad oltre il 90% di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi”.

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