Anno I – Numero 8 – Dicembre 2021  
Comitato scientifico editoriale: Vincenzo Mirone, Giuseppe Procopio, Corrado Franzese
Editore: Intermedia – Direttore Responsabile: Mauro Boldrini – intermedia@intermedianews.it

Benessere Urologico è una newsletter a cadenza mensile sui temi della salute urologica, maschile e femminile. Uno strumento utile per essere sempre informati sugli ultimi aggiornamenti, in ambito clinico e scientifico.

NEWS

L’INTEGRAZIONE OSPEDALE-TERRITORIO AL CENTRO DEL CONGRESSO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI UROLOGIA TERRITORIALE
Il commento del Presidente SIUT Corrado Franzese

Integrazione è la parola chiave dell’XI congresso della Società Italiana di Urologia Territoriale appena concluso, tenutosi in modalità web, con la partecipazione di oltre 300 urologi territoriali. Ormai di territorio si parla ovunque, purtroppo frequentemente in forma teorica. Da una nostra survey, presentata proprio in occasione del congresso, emerge che per il 90% degli intervistati non c’è alcun percorso di integrazione ospedale-territorio. Di fatto si tratta però di un elemento fondamentale, soprattutto per migliorare rispetto ai temi dell’appropriatezza, della farmaco-economia e delle liste d’attesa. Immaginiamo infatti come, in un percorso integrato, possa essere più agevole tutto l’iter diagnostico-terapeutico di un paziente che, se non affidato alle direttive dello specialista, è costretto troppo spesso a girovagare, magari riproducendo altre analisi, altre visite, altri costi, con un notevole impatto sulla spesa sanitaria, ma soprattutto sulla sua qualità di vita. L’integrazione diventa pertanto una tappa non più demandabile, anche alla luce della pandemia. In questi mesi noi urologi territoriali abbiamo vissuto sulla nostra pelle la distanza con l’ospedale. Il territorio non è stato mai chiuso, in nessuno momento: anche nei momenti clou dell’epidemia noi abbiamo avuto le porte aperte per i pazienti, ovviamente con tutte le precauzioni del caso, ma senza mai interrompere neanche la domiciliarità. Si capisce però che questo sforzo ha un senso in un’ottica di prosieguo del percorso diagnostico-terapeutico. Perché, se in seguito alla nostra attività c’è un’interruzione rispetto a un percorso che deve coinvolgere strutture ad unità crescente di approccio, è chiaro che ogni sforzo è reso vano. L’integrazione è stato pertanto il leit motiv di tutte le tematiche trattate nel corso del Congresso Nazionale SIUT. Ci siamo concentrati inoltre sul tumore della prostata, realizzando spazi di confronto tra le esperienze del territorio e quelle dell’ospedale. Un focus lo abbiamo voluto dedicare a radiomica e radiogenomica, il futuro della diagnostica per immagini: la radiogenomica mette infatti in relazione i dati quantitativi ottenuti con la radiomica con i dati genomici del tumore. Ultimo ma non ultimo, tutto il tema della digitalizzazione che è importante rispetto al fascicolo sanitario elettronico, ma permette anche di realizzare dei follow-up che non richiedono la presenza. Il nostro obiettivo, anche grazie alla tecnologia, è voler continuare ad essere vicini al paziente in termini clinici, ma sfruttando le nuove risorse nei follow up che è possibile realizzare a distanza.
 

CISTITE? GLI ANTIBIOTICI NON SONO L’UNICA OPZIONE TERAPEUTICA
Di Luciana Mariani, Vice Presidente SIUT Società Italiana di Urologia Territoriale

Parlare di cistite vuol dire evocare in circa una donna su due una sensazione spiacevole, talvolta molto fastidiosa, essendo la cistite una condizione estremamente frequente e spesso assai dolorosa. La problematica si presenta più spesso tra le adulte – soprattutto se in menopausa o anziane – ma può comparire anche in giovane età. Si tratta di una tra le cause più frequenti di accesso nei nostri studi, soprattutto per chi svolge attività prevalentemente ambulatoriale. Sappiamo che l’eziologia è generalmente multifattoriale, così come sono variegate la modalità di presentazione: potrebbe esservi stranguria (ovvero dolore minzionale), aumentata frequenza o bruciore minzionale, dolore sovrapubico e, talvolta, sangue nell’emissione delle urine. Spesso compare l’insieme di due o più di tali sintomi. Se non è sempre semplice curare l’episodio acuto di cistite, ancor più impegnativo è trattare gli episodi ricorrenti che impattano negativamente sulla qualità di vita della donna. Questo perché talvolta l’insorgenza è improvvisa e dolorosa e la paziente ricorre all’automedicazione, somministrandosi antibiotici o integratori, oppure perché troppo di frequente i sintomi vengono trattati empiricamente con l’antibioticoterapia anche da noi medici. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, anche tramite l’ECDC, l’organo europeo deputato alla prevenzione e controllo delle malattie, ormai da anni ci invia alert sulla drammaticità dei livelli di antibiotico-resistenza, soprattutto nei confronti dei principali microrganismi causa delle cistiti, come l’escherichia coli, che ritroviamo in circa il 75% dei casi. L’Italia purtroppo è tra gli Stati con il più alto tasso di resistenza a molte classi di antibiotici e se non prendiamo subito provvedimenti per contribuire alla riduzione di questa criticità, ci troveremo a breve a non poter curare neppure le più banali delle infezioni. Ecco allora che soprattutto noi urologici, unitamente alla Medicina Generale, dobbiamo dedicare una particolare attenzione all’emergere di nuovi dati scientifici e a considerare delle soluzioni alternative alla terapia antibiotica per il trattamento della cistite, unitamente allo sforzo di usare una comunicazione efficace, atta a favorire i cambiamenti comportamentali nella vita quotidiana della donna. È esperienza di tutti noi il trovarsi di fronte a donne con cistiti ricorrenti, che hanno una scarsa attitudine a bere acqua durante la giornata. Se non riusciamo a far comprendere alla paziente l’importanza di una quotidiana e adeguata idratazione, insieme a molte altre raccomandazioni che vanno dalle modalità d’igiene intima alle precauzioni pre e post coitali, sappiamo già che non utilizziamo valide strategie complementari alla cura della condizione. Ormai da diversi anni una crescente attenzione viene posta sulla responsabilità che la disbiosi – che annovera tra le sue cause anche la terapia antibiotica – ha nel “danneggiamento” del microbiota intestinale e urogenitale, non solo nella cistite acuta, ma anche nell’innescarsi della ricorrenza di tali episodi. Ecco allora la crescente letteratura a favore dell’utilizzo dei probiotici (microrganismi vivi) nella cura della cistite, così come sono in aumento studi a favore dell’utilizzo del d-mannosio nella cura e prevenzione delle cistiti. Questo zucchero semplice, infatti, ha una potente azione competitiva sull’adesione dell’e. coli – e non solo – all’urotelio, che è poi il primum movens dell’infezione. Il mio invito è quindi, soprattutto quando gli episodi si fanno ricorrenti, ad eseguire una visita urologica anche per escludere altre condizioni che si celino dietro ai sintomi simil-cistitici. Con tale approccio si potrà intraprendere insieme alla paziente un percorso di cura alternativo alla terapia antibiotica, se non ritenuta indispensabile, affinché si possano trattare gli episodi e ridurne la ricorrenza.

Qui il link per ulteriori approfondimenti sulla cistite

 

PROBLEMI EIACULATORI ASSOCIATI ALL’IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA
La pillola del Prof. Nicola Mondaini


Per Ipertrofia Prostatica Benigna si intende un ingrossamento della ghiandola prostatica. Questa patologia determina problemi sui meccanismi eiaculatori e allo stesso tempo i farmaci o le terapie chirurgiche che servono per gestirla possono determinare dei danni sulla sfera eiaculatoria. Analizziamo tre condizioni. 1) il caso in cui la malattia stessa possa dare disturbi dell’eiaculazione. Una delle conseguenze è l’eiaculazione precoce, ovvero il paziente vedrà il tempo di attesa per raggiungere l’orgasmo ridursi in maniera significativa. Paradossalmente la stessa patologia può portare anche al problema inverso, ovvero una eiaculazione ritardata. 2) l’emospermia ovvero la presenza di sangue nell’eiaculato. In questo caso il sospetto è un discorso infiammatorio. 3) l’aneiaculazione, ovvero la mancanza dell’eiaculazione pur in presenza dell’orgasmo.

Qui il link all’intervento del Prof. Mondaini
 

VULVODINIA, CONOSCERLA PER RICONOSCERLA


Ci vogliono mediamente dai 5 agli 8 anni per una diagnosi, un tempo spesso vissuto in grande solitudine, con un importante dispendio di tempo e risorse, umane ed economiche. Parliamo della vulvodinia, una patologia i cui principali sintomi sono dolore e bruciore della zona vulvare, con persistenza che va oltre i tre mesi. Una patologia di frequente associata alla cistite, ma misconosciuta spesso dagli stessi medici, che porta le pazienti ad esser liquidate come stressate o malate immaginarie. Tuttavia, nelle forme più acute, i disturbi non consentono di lavorare o svolgere le normali attività quotidiane. Secondo uno studio americano del 2001 ne ha sofferto una volta nella vita almeno il 16% delle donne. Una malattia riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2020, ma non ancora dall’Italia, dove non è considerata formalmente un disturbo medico e quindi non è contemplata dal Servizio Sanitario Nazionale. Per renderla nota e promuoverne una diagnosi differenziale, sono nate diverse iniziative che puntano al suo riconoscimento medico. Ad andare in soccorso delle donne che soffrono di questa problematica, anche una proposta di legge, perché venga inserita nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza. Il percorso è lungo e molteplici gli obiettivi: avere un’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria per le visite e le terapie, vedere il riconoscimento di invalidità, sostenere la creazione di un registro di malati e lo sviluppo di centri pubblici su tutto il territorio nazionale.

 


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